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RUOLO DELLA POSIZIONE MANDIBOLARE NELL’INSORGENZA DELLA TIPOLOGIA PSICOLOGICA “ROCK ROSE” Edoardo Bernkopf – Vanna Broia Articolo pubblicato su Medicina Biologica, N°2 – febbraio 2000

 

E’ da molti autori sostenuto e da noi condiviso che tra la tipologia psicologica da un lato e lo sviluppo strutturale e l’atteggiamento posturale abituale dall’altro, esista una reciproca correlazione. In questo ambito desideriamo sottolineare l’importante ruolo della postura mandibolare (individuata dal tipo di occlusione dento-schelettrica che il paziente presenta) nel determinismo della sua postura abituale, ma anche della sua tipologia psicologica, in particolare di quella “Rock Rose” secondo Bach, attraverso l’instaurarsi di uno schema respiratorio particolare, da noi considerato l’anello intermedio che collega appunto la tipologia psicologica e il fenotipo strutturale. Affinché si instauri uno schema respiratorio ideale, nasale quanto a via d’ingresso, costo-diaframmatico quanto a motricità, e ben equilibrato quanto ad atteggiamento posturale abituale, è necessaria la presenza di una conformazione cranio-mandibolare adeguata, che in particolare consenta la normale pervietà delle via aeree nasali (Fig,1).

Fig.1 e 2Fig. 1: situazione normale, pervietà nasale.

Fig. 2 Morso profondo e retruso.

Ciò non è possibile se il paziente, bambino in particolare, presenta un quadro occlusale di morso profondo e retruso (Fig.2). La retrusione mandibolare comporta il contestuale spostamento della lingua all’indietro. In presenza di adenoiditi e tonsille blandamente ipertrofiche e di per sé non ostruttive, la lingua finisce per spingere queste ultime all’indietro, rendendo l’ipertrofia ostruttiva di fatto. (Fig. 07). Ciò trae in inganno lo specialista O.R.L. che nell’esaminare il retrobocca non può che farlo a bocca aperta, quando cioè il ruolo perverso della lingua e del morso profondo e retruso non appaiono. In questa tipologia cranio-mandibolare, epidemiologicamente assai frequente, risulta favorito l’instaurarsi dell’apnea nel sonno. Esiste un meccanismo di feed-back che tende a mantenere normali i livelli ematici di 02 e di CO2. I chemiocettori che rivelano la concentrazione di questi due gas, attraverso il S.N.C. autonomo, regolano e coordinano sia le contrazioni del diaframma che dei muscoli del faringe (genio glosso in particolare), il cui ruolo è indispensabile al mantenimento della pervietà del faringe stesso, vista la mancanza, in questa sede anatomica, di ogni supporto cartilagineo. Nel sonno si assiste ad un calo della sensibilità dei chemiocettori, che comporta una fisiologica diminuzione della ventilazione, ma che può anche determinare un’incoordinazione tra la contrazione del diaframma e dei muscoli faringei, indispensabili, questi ultimi come già detto, al mantenimento della pervietà del faringe. Nel punto di minor calibro del lume faringeo, per effetto Venturi si genera un’ulteriore caduta di pressione.

La somma dei tre fattori elencati (ostruzione adeno-tonsillare, incoordinazione muscolare faringo-diaframmatica, effetto Venturi) può portare all’instaurarsi di un’occlusione completa, che l’ulteriore contrazione del diaframma, ed il conseguente aumento della depressione, contribuiscono ad aggravare. L’episodio di apnea cessa quando i muscoli faringei tornano a funzionare grazie a stimoli mediati dai chemiocettori, finalmente attivati dall’accentuarsi dell’ipossia, o dai propriocettori della faringe stessa, solitamente a seguito di un brusco risveglio. Questo anomalo schema respiratorio, oltre a ridurre in quantità e in qualità il riposo notturno, finisce per peggiorare ulteriormente la sensibilità dei chemiocettori e per alzare la soglia del risveglio, cui è legato frequentemente il fenomeno dell’enuresi notturna. Tutto ciò incide profondamente nella psiche del paziente, anche perché la respirazione orale favorisce l’instaurarsi di una respirazione corta, superficiale e costo-diaframmatica di per sé ansiogena. Infatti è a tutti noto il ruolo che, per contro, nel training autogeno una respirazione diaframmatica profonda per via nasale riveste nel ripristino di uno stato di calma. Soprattutto, infine, un morso profondo e retruso favorisce, come già illustrato, la chiusura delle vie aeree nasali nel retrofaringe, per il collabimento tra la radice della lingua e la regione adenoidea. L’apnea nel sonno, oltre a costituire un momento assai critico, che può risultare ingravescente nel tempo e addirittura rischioso per la vita nei casi più gravi, porta ad un brusco risveglio, che il bambino vive in maniera particolarmente angosciosa. Gli istanti della totale mancanza di aria si dissolvono con il risveglio, che immediatamente ripristina la coordinazione dei muscoli della respirazione (diaframma in particolare) e quelli che mantengono pervio il faringe (glossofaringeo in particolare), ma gli rimane il senso di paura per l’esperienza vissuta, brevissima ma molto intensa, non strutturata perché, essendo accaduta durante il sonno, non è giunta a interessare la coscienza. Spesso il bambino riferisce esperienze oniriche spiacevoli, quali incontri con mostri, streghe, o altre creature spaventose, o scene di guerra, di morte o popolate da animali sgradevoli (ragni, serpenti). I risvegli angosciosi portano il bambino a cercare, senza motivo apparente, la sicurezza del contatto con i genitori. Poiché peraltro gli episodi di apnea si verificano tutte le notti, il desiderio di dormire con i genitori diventa un’esigenza pressoché costante e vitale. Lo stato di insicurezza psicologica che tutto ciò comporta, viene aggravato dalla tendenza di questi bambini ad ammalarsi, proprio perché la respirazione orale, introducendo nelle vie aeree aria fredda, secca e non depurata dai “filtri” nasali, porta a frequenti ricadute di patologie respiratorie più o meno complicate, ma soprattutto reiterate e pressoché croniche nella stagione fredda. La paura per i medici, cui devono spesso ricorrere, e per le loro pratiche incomprensibili per i bambini, aggrava ulteriormente lo stato Rock Rose. Quando il pediatra o lo specialista ORL decidono di intervenire chirurgicamente risolvendo per questa via il conflitto tra radice della lingua e la regione adeno-tonsillare con la demolizione di adenoidi e/o tonsille, la decisione, ritenuta senza alternative, non tiene conto del senso di “castrazione” che il bambino subisce, oltretutto in una regione, quella orale, dove risiedono i primitivi apparati di conoscenza, difesa e aggressività. Infine, il sommarsi di un atteggiamento pauroso ed insicuro, la salute cagionevole ed il fenomeno dell’enuresi, assai spesso collegato con l’apnea nel sonno, finiscono per simulare quadri primari di regressione e di sofferenza psicologica, che devono invece essere ricondotti a coinvolgimenti somatopsichici, perché hanno nella struttura e non nella psiche il loro originario determinante substrato. E’ importante sottolineare che il superamento della problematica respiratoria (spesso a favorevole evoluzione con l’età o risolto per via chirurgica), non sempre si accompagna al superamento dello stato Rock Rose, che spesso finisce per caratterizzare il paziente per tutta la sua vita. La terapia strutturale è rivolta al precoce riposizionamento corretto della mandibola attraverso l’applicazione di dispositivi endorali individualmente progettati e all’aumento della pervietà nasale grazie all’applicazione di disgiuntori palatini rapidi: il palato, infatti, costituisce la volta della bocca ma anche il pavimento del naso, e il suo sviluppo è intuitivamente correlato con la pervietà delle vie aeree nasali. Contestualmente siamo soliti prescrivere Rock Rose in soluzione idroalcolica con la posologia classica (4 gocce 4 volte al giorno). I lusinghieri risultati clinici in 8 anni di esperienza sembrano confermare l’efficacia dell’associazione terapeutica floreo-strutturale.

 

Per saperne di più:

31- Bernkopf E.- Broia V. Bertarini A.M. Il lavaggio della mucosa rinosinusale con soluzione idrosalina calda. Il Medico Pediatra, vol 7, n. 3, Giugno 1998 156-9 38- Bernkopf E. Broia V. Bertarini A.M. Polcino P. La respirazione orale e il ruolo della malocclusione. Medico e Bambino 2, 2002, 107-112.

 

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